Trentasei Vedute

Trentasei Vedute

Ho cominciato a scattare queste foto senza l’idea di farne una serie. C’è un edificio, di costruzione recentissima, vicino a casa mia, costruito in uno stile semplice e lineare (non chiedetemi dettagli né giudizi sull’architettura perché sono un ignorante in materia) che ben si presta a ricavarne quelle astrazioni geometriche che mi piace ottenere estraendo dei dettagli.


Pensavo di farne due o tre foto decenti, ma mi accorsi che già da una prima uscita potevo ricavarne di più. Così il mio pensiero è andato alle “Trentasei vedute del Monte Fuji”, una serie di xilografie dell’artista giapponese Katsushika Hokusai (forse conoscerete almeno la più famosa, la Grande Onda di Kanagawa); certo le mie foto non sono paragonabili alle immagini di Hokusai, in nessun senso, salvo l’idea di realizzare diverse immagini da un unico soggetto.

La Grande Onda di Kanagawa

dalle Trentasei Vedute del Monte Fuji

di Katsushika Hokusai (1760-1849)

Se mi perdonate l’irrispettoso accostamento, ho ribaltato l’idea di Hokusai. Nelle sue immagini il soggetto comune, il monte Fuji, è spesso ridotto a un dettaglio, a un particolare che si perde in un paesaggio o in una scena bucolica. Nelle mie il soggetto, per mia scelta deliberata, non si vede mai nella sua interezza, ma viene scomposto in tanti dettagli in modo che la sua ricostruzione sia pressoché impossibile.


Sia chiaro, lo ribadisco perché lo ritengo importante: il mio non è un lavoro di documentazione di un architettura, ma un gioco geometrico e cromatico che prende come pretesto quell’architettura e la utilizza come strumento per creare delle astrazioni.

Da una serie di fotografie minimaliste, con un riferimento a un artista giapponese, agli haiku, il passo è stato breve.
L’haiku è una forma di poesia minimalista giapponese; ogni haiku è composto da tre versi, rispettivamente di 5-7-5 sillabe. È noto per la sua brevità e capacità di evocare immagini e emozioni.
Così ho chiesto a Donatella Sarchini che, oltre a essere un’appassionata appassionata di fotografia, si diletta nella scrittura, di comporre degli haiku ispirandosi alle mie foto.
Il risultato è questo.



Piccole sbarre

a sviare lo sguardo

Parole mute


Nasce dal cielo

lo sguardo luminoso

verso le cose


Ombra custode


del figlio più amato


Madre nel tempo


Sguardi curiosi

osservano di lato

Spionaggio cauto


Nasce dal vuoto

l’enigma dello sguardo

Volto severo


Solidi patti

sigillano i segreti

Nella famiglia


Sposta di poco

i timori materni

L’età futura


Quanta fatica

per salire sul monte

Una conquista


L’abitudine

a chiudere un occhio

Sulle finzioni


L’indipendenza

È quel battito d’ali

che fa volare


Un ascensore

dello sguardo nel cielo


Occhi di case


Lo sguardo ritaglia

aperture diverse

Come per gioco


Nasce un’idea

Iniezione nel cielo

dei miei pensieri


Sguardi curiosi

sul vuoto del futuro

Senza parole


Alti e bassi

di un giorno qualsiasi

Sull’altalena


In piena luce

chi parla e chi tace

Rivelazione


I pregiudizi

separano le idee

Blocchi coscienti


L’ombra del tetto

è accogliente per tutti

Nido sicuro


Spegne del giorno

ogni raggio vitale

La tenda grigia


Precipitando

si libera del peso

Senza più colpa


Precipitando

si libera del peso

Senza più colpa


Vie parallele

Unite dal destino

come sorelle


Cupi confini

Cancellano la vita

dei prigionieri


Grigia nell’ombra

giocherà la partita

Oscura sorte


Ossessionante

un segno si ripete

All’infinito


Occhi affacciati

sul silenzio del mondo

Amore cieco


Senza motivo

si separa dal gruppo

Follia d’orgoglio


Troppo diversi

per parlarsi d’amore

Mondi lontani


Omozigoti

si sentono diversi

Per un dettaglio


La concretezza

fa torcere il naso

Ai sognatori


Nel mare scuro

si naviga a vista

Senza le stelle


Sguardi tenaci

dipingono la storia

Occhi di sangue


L’immenso spazio

grava sugli ignari

Azzurro terso


Idee vaghe

si scoprono distanti

Dalla realtà


Tracce di sguardi

come note sui muri

Un pentagramma


L’ultimo piano

ha un suo privilegio

Sguardo d’insieme


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